Torna nella nostra terra, il biografo, quasi centenario, Giuseppe Tabasso per raccontarci la vita del più grande giornalista molisano

“Quante decisioni, oggi, prendo in sua assenza e quante domande gli avrei fatto, che non riceveranno mai risposte” -scrive Susy Scardocchia, figlia del compianto giornalista Gaetano Scardocchia, oggi consulente legale dell’Euipo, in Spagna: un organismo preposto a rilasciare i marchi europei – “non ho fatto la giornalista ma scrivo, comunque, occupandomi di decisioni giuridiche e le parole di mio padre guidano, da sempre, la mia vita, ricordandomi i principi del rigore, della disciplina e dell’integrità che ispirarono la sua professione”. Susy Scardocchia ha ricordato, in questo modo, il padre, nel messaggio letto dalla professoressa Isabella Astorri, nel corso dell’incontro, organizzato nell’Aula di Palazzo San Giorgio, nel pomeriggio del 23 maggio 2025, per rievocare la figura del compianto giornalista, grazie alla presentazione della nuova edizione, profondamente rivisitata e arricchita del libro: “Gaetano Scardocchia. La grande lezione di un maestro di giornalismo”, scritto dal giornalista di fama internazionale Giuseppe Tabasso, in collaborazione con Paolo Di Lella, nell’ambito della nuova collana “Humus” della casa editrice “Il Bene Comune”.
Nell’incontro svoltosi nella cornice della sede del Consiglio Comunale di Campobasso, la Sindaca Marialuisa Forte ha introdotto gli ospiti, ricordando l’attività di Giuseppe Tabasso, svolta un decennio fa, come docente di corsi di giornalismo in alcuni istituti di Scuola Superiore a Campobasso. Dopo di lei ci sono stati i saluti del Presidente del Consiglio regionale, Quintino Pallante, che ha confermato il sostegno della Regione nei confronti dell’iniziativa. Fra i relatori, accanto alla professoressa Isabella Astorri, c’erano Norberto Lombardi, studioso dei fenomeni migratori e ideatore, alcuni anni fa, del “Forum degli Italiani nel Mondo”, con il docente Rossano Pazzagli, professore di Storia Moderna e Contemporanea, nonché della Storia del Territorio e dell’Ambiente, all’Università del Molise.
Il giornalista Giuseppe Tabasso (Campobasso, 1926), già autore di numerose biografie come quella che, alcuni anni fa, riguardò il cantante campobassano Fred Bongusto, oggi, è quasi centenario e vive a Roma. E’ il figlio del pianista e compositore Lino Tabasso che, dopo l’esperienza vissuta a Napoli illuminò la vita artistica e culturale di Campobasso, come ha ricordato Norberto Lombardi, immedesimandosi nella musica popolare ed esercitando un ruolo autorevole nella tradizione popolare e identitaria campobassana, come quella nata con il Coro del Venerdì Santo. Giuseppe Tabasso, laureato in lingua e letteratura inglese e giornalista professionista dal 1964, cominciò la carriera collaborando con quotidiani come Paese Sera e periodici come La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, l’Europeo. Fu quindi inviato di politica estera per il GR3 della RAI. Viaggiò ben 13 volte, al seguito dei Papi Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II, lavorando, come inviato di politica estera, a Strasburgo e a Bruxelles. Fu quindi corrispondente a New York presso la Rai Corporation. A Londra per la sezione italiana della BBC e a Colonia presso la Deutschland Funk.
I giornalisti Gaetano Scardocchia (Campobasso, 1937- New York, 1993) e Giuseppe Tabasso, da veri “professionisti del dubbio” ( citazione evocata nell’incontro) si confronteranno, spesso, durante la carriera di Scardocchia che era figlio di un barbiere campobassano e che, dopo gli studi liceali maturati presso il Liceo Ginnasio “Mario Pagano” di Campobasso, si trasferì a Roma, dove lavorò all’Agenzia Giornalistica Italia mentre frequentava la facoltà di Scienze Politiche, prima di diventare corrispondente del quotidiano milanese “Il Giorno”, in Germania e in Austria, dove incontrò la persona che sarebbe diventata sua moglie e grazie alla quale imparò il tedesco e dalla quale ebbe due figli. Scardocchia lavorò, quindi, per quotidiani come “Il Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “Il Giorno” e divenne direttore del quotidiano “La Stampa” di Torino” dal 1986 al 1990, promuovendo, con i colleghi Giampaolo Pansa e Pierluigi Franz, l’inchiesta sullo scandalo “Lockheed” (fu, quindi, per molti anni, corrispondente estero a New York e in Cina).
“Quando il giornalista Piero Ottone formava i suoi allievi, gli consigliava di perseguire una scrittura dallo stile “Panzocchia”, che stava a significare che avrebbero dovuto emulare quello imaginifico di Giampaolo Pansa e quello preciso come un “rasoio” di Gaetano Scardocchia – ha detto Giuseppe Tabasso, nel corso dell’evento, raccontando tutta una serie di aneddoti sulla vita di Scardocchia, straordinario appassionato di letteratura, collezionista di libri antichi e ricordato da giornalisti come Aldo Cazzullo, per il geniale intuito con il quale sceglieva, rapidamente, i propri collaboratori.
ll professore Rossano Pazzagli ha messo in luce, nel corso dell’incontro, il valore del libro di Giuseppe Tabasso, scritto da una casa editrice che, con il termine propizio “Humus” della nuova Collana, intende produrre il terreno fertile per la crescita di una nuova cultura che deve dare maggiore coraggio alla terra molisana. E mostrare come, in Molise, possano nascere italiani importanti, come accade con l’importante esempio di riscatto sociale rappresentato da Gaetano Scardocchia quando, da uomo del Sud, rappresentante dell’Italia della più periferica e piccola provincia, riuscì a contrastare la diffidenza dei vecchi piemontesi, dirigendo La Stampa, quotidiano della famiglia Agnelli. La sua professionalità brillava, nel rigore della solitudine e del carattere schivo, con cui rappresentava ed amava in silenzio, la propria terra di origine, come lo avrebbe descritto, in seguito, il collega Giampaolo Pansa.
Pazzagli ricorda come Gaetano Scardocchia, rappresentasse la libertà del giornalismo e l’esempio dell’impegno civile espresso attraverso il lavoro, mentre raccontava gli anni “80: quel decennio che rappresentò una “cerniera” di svolta nella storia delle democrazie occidentali (durante il periodo della presidenza americana di Ronald Reagan, di Margareth Tatcher in Inghilterra, di Craxi in Italia). E il valore di alcune intuizioni, come quando convinse il filosofo Norberto Bobbio, a scrivere per il quotidiano “La Stampa” o quando scelse di rientrare a New York per praticare quel giornalismo “dell’andare a vedere”, spinto dal giornalismo investigativo che nasce dalla quotidiana frequentazione con fatti e notizie (scriveranno alcuni suoi colleghi, come Ezio Mauro che Scardocchia era “vicino” alla politica e “lontano” dai politici e che la sua indipendenza era garanzia di onesta informazione, nell’ambito di un Paese democratico e liberale.
Lo storico Norberto Lombardi ha ricordato il giovane studente del Ginnasio, Gaetano Scardocchia che, al Liceo, rappresentava l’eccellenza e che incarnava, al meglio, la consapevolezza che senza il lavoro e lo studio assiduo non era possibile realizzare sè stessi e progredire socialmente. Si percepiva l’ansia di Scardocchia di migliorare attraverso il lavoro e lo studio. E di non fermarsi alle apparenze, ma di andare in profondità. La cultura, all’epoca, non era soltanto il “recinto ” scolastico ma stava anche nell’apertura verso altri orizzonti, grazie alle letture fatte presso le “strutture culturali”, come la Biblioteca “P. Albino” e la Biblioteca del Circolo Sannitico, che Scardocchia condivideva con i giovani intellettuali dell’epoca come Felice Del Vecchio, Federico Orlando, Renato Lalli, Giuseppe Tabasso. I giovani dell’epoca vivevano una partecipazione più attiva alla vita politica, come capitò allo stesso Norberto Lombardi, Sandro Montanaro, Vittorio Fusco perchè la cultura, all’epoca, rappresentava una dimensione civile che doveva consentire di migliorare la qualità della vita delle persone.
Tipica era la capacità del giornalista Scardocchia di allargare, inoltre, gli orizzonti, come quando leggeva il mondo, facendo comparazioni tra l’Italia e gli Stati Uniti, partendo da fatti realmente accaduti, per raccontare, ad esempio, l’importante ruolo del volontariato sociale presente in America durante le Olimpiadi di Los Angeles; quello dell’attenzione strategica alla comunicazione politica, con cui, ad esempio, la moglie di Clinton fu chiamata ad abbandonare le giacche da avvocatessa di successo per assumere quelle in cui la gente si sarebbe meglio identificata e la rivoluzione apportata dalla cultura televisiva americana, quando fu, ad esempio, trasformata con l’immagine un po’ rigida del Generale Eisenhower in funzione del suo successo elettorale. Al termine del suo intervento, il professore Norberto Lombardi, prendendo a prestito una frase di Francesco D’Ovidio che invitava ad amare il Molise nonostante fosse piccolo e perché è piccolo, ha invitato i presenti ad amare l’Italia nonostante i suoi limiti e le sue contraddizioni. Anzi, proprio in virtù dei suoi limiti e delle sue contraddizioni.
Davide Marroni




















