Il Festival “Geopolitica nei Borghi” fa tappa a San Martino in Pensilis

Gli studenti dell’Istituto John Dewey appassionati dalla storia dell’Iran raccontata dall’attivista per i diritti umani Shervin Haravi: “La lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze”

“In Iran c’è ancora la pena di morte. E uno degli strumenti del regime è l’impiccagione, anche per persone colpevoli di reati, che sono, spesso, letteralmente inventati dalla repubblica islamica. Accuse false che portano alla morte di persone innocenti fra le mille esecuzioni denunciate da Amnesty International nel 2025. L’anno scorso si è parlato di una o due esecuzioni al giorno. Ogni martedì, durante il martedì nero, c’è la disobbedienza civile degli attivisti e dei detenuti politici, attraverso uno sciopero della fame, all’interno di una delle carceri più difficili che esistano, come quella di Evin, a Teheran” – ci ha raccontato l’attivista Shervin Aravi, nell’Auditorium dell’Istituto Comprensivo “John Dewey”, di San Martino in Pensilis, nel corso della giornata di “Geopolitica nei Borghi Festival 2025”, ideata dall’Associazione Il Cosmopolitico, “e a giugno c’è stato anche l’attacco. Il bombardamento al penitenziario Evin, noto per aver accolto molti dissidenti politici, che ha peggiorato la situazione. Ci arrivano gli audio da quell’inferno e la voce è talmente forte che puoi solo immaginare ciò che non riuscirai mai a vedere. Fra le sofferenze più atroci c’è la tortura bianca” – ha spiegato l’avvocato Aravi, fra le voci più autorevoli nel panorama delle attiviste per i diritti umani “che consente l’isolamento del detenuto in uno spazio bianco dove tu non hai contatto con la realtà. Dove non c’è mai una luce naturale, 24 ore su 24. E in cui non riesci a distinguere la notte dal giorno. La tortura bianca annienta la psiche e le ripercussioni psicologiche impediscono il reinserimento sociale del detenuto iraniano”.

Il racconto della storia dell’Iran e della violazione dei diritti umani, attraverso la sua voce, ha inaugurato la prima edizione di “Geopolitica nei Borghi Festival 2025”, coinvolgendo gli studenti della scuola secondaria di primo grado di San Martino in Pensilis, nell’ambito di una giornata che ha conosciuto, successivamente, un seminario dell’influencer e giornalista Vanessa Combattelli ( a più giovane consigliera comunale d’Italia, nel comune di Sulmona, particolarmente attiva, nel passato, nella promozione di politiche di tutela per i piccoli borghi), che, nella circostanza, ha dialogato con gli studenti del John Dewey, per verificare come le nuove generazioni costruiscano la propria verità in un mondo dominato dai Social Media e dall’Intelligenza artificiale (AI), prima degli altri due eventi programmati, per il pomeriggio, che hanno riguardato la presentazione del libro “Africani brava gente”, del giornalista Matteo Giusti e un incontro sulla Storia dell’Ordine Mondiale del ‘900, curato da Giovanni Cerchia Professore Ordinario di Storia Contemporanea dell’Unimol.

Gli eventi fanno parte di una rassegna culturale, itinerante, al suo debutto, ideata dall’Associazione No Profit “Il Cosmopolitico” guidata dal presidente Antonio Petruccelli, già programmata, quest’anno, nel periodo dal 20 Ottobre al 16 Dicembre 2025 e che coinvolge i Comuni molisani di Larino, San Martino in Pensilis, Ripalimosani e Campobasso, durante 6 giornate, in cui la provincia di Campobasso è raggiunta da illustri personalità del mondo accademico, attivisti, intellettuali, giornalisti, per stimolare la riflessione delle giovani generazioni su temi di geopolitica come le guerre, i diritti umani violati, le rivoluzioni, i flussi migratori, le democrazie, le autocrazie, scegliendo di rendere protagoniste del dibattito culturale le scuole e le comunità presenti nei piccoli borghi molisani. Tra i partner istituzionali che hanno supportato l’iniziativa,  al fianco della Provincia di Campobasso e ad Europe Direct Molise ci sono gli stessi enti locali dei borghi coinvolti. Nonché l’IRESMO; l’Ordine dei Giornalisti del Molise (ODG) e il CO.RE.COM Molise.

Per il dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo “John Dewey”, Immacolata Lamanna, che ha ospitato la prima fase della giornata del Festival di Geopolitica, organizzata a San Martino in Pensilis, si rivelano particolarmente importanti questi incontri che equivalgono a percorsi di approfondimento utili alla formazione dei giovani, ai quali manca soltanto la formalizzazione di quelli che, altrove, vengono chiamati “Patti di Comunità”: progetti educativi che sono il frutto di collaborazioni tra scuole, enti locali e cittadini atti a promuovere l’educazione al senso civico: “Si tratta di un’attività rivolta ad un target che a volte può sembrare troppo giovane per afferrare i concetti complessi di una società complessa”- ha detto la dirigente scolastica, Immacolata Lamanna – “ma credo nella maturità dei nostri ragazzi e nella necessità di seminare educazione civica nella loro formazione, al termine del loro primo ciclo di istruzione e in quegli stimoli che possono provenire dalla testimonianza di persone, come gli attivisti per i diritti umani, con l’auspicio che i nostri giovani siano stimolati a divenire cittadini attivi, per discernere cosa è positivo rispetto a cosa è deleterio e perché siano, a loro volta, in grado di proporre idee e soluzioni concrete per una società civile migliore”.

L’Assessora alla Cultura del Comune di San Martino in Pensilis, Mara Montanaro, presente all’incontro, ha invitato i giovani delle terze medie a guardare la geopolitica non come qualcosa di astratto e lontano, ma come qualcosa in grado di influenzare, direttamente, la nostra vita di tutti i giorni, per ricavarne dallo studio, tutti i benefici possibili. “Anche perché i ragazzi delle terze medie sono alla vigilia della scelta della scuola superiore” – ha ricordato l’Assessora Montanaro – “e questa giornata potrà essere utile ad ispirare la scelta giusta, venendo a contatto con una materia, come la geopolitica, alla quale non avranno mai pensato e che conoscere, attraverso questi momenti di approfondimento, rappresenta un privilegio”.

“Se non vogliamo essere periferia, dobbiamo conoscere il mondo!” – ha ricordato il Sindaco di San Martino in Pensilis, Giovanni Di Matteo, che accolse favorevolmente la proposta di un Festival dedicato a ciò che succede nel mondo, propostagli dall’ideatore Antonio Petruccelli, cofondatore e presidente dell’Associazione “Il Cosmopolitico” – “Siamo, sempre, assorbiti dalla quotidianità, ma quello che succede fuori è ancora più importante, perché condiziona la nostra vita”- ha proseguito il Sindaco Di Matteo, nel porgere i suoi saluti.  “Confido nella continuità futura di questo Festival “- ha proseguito – “perché è importante conoscere la matrice e la complessità di ciò che affrontiamo, ogni giorno, nei nostri Comuni”. E cita l’esempio di qualche attivista come Alexei Navalny,  che riuscì a fondare un movimento di opposizione in Russia, che ebbe un grande impatto, seppure senza un duraturo successo, concludendo che: “Ci insegna molto quanto gli esseri umani riescano ad essere grandi quando, per la difesa dei princìpi che ritengono prioritari, sono disposti a sacrificare la loro stessa vita”.

La giornalista Antonella Iammarino, intervenuta in rappresentanza dell’ODG Molise, tra i partner istituzionali del progetto che ha dato vita al Festival “Geopolitica nei Borghi 2025”, ha ricordato come sia, sempre, rimasta particolarmente colpita dalla peculiare acutezza intellettuale dei giovani studenti liceali di San Martino in Pensilis, quando li ha incontrati nel corso dei lavori di di geopolitica e di giornalismo puro, svolti in collaborazione con il Quotidiano del Molise, a partire da un decennio fa: “C’è nel vostro paese un humus forte legato al pensiero ed all’approfondimento” – ha detto la giornalista – “e faccio i complimenti a questo territorio. Mi fa piacere essere qui, perché ogni volta che ho buttato un seme in questo territorio ho visto crescere qualcosa di buono e di bello. E’ un bel territorio. Tenetevelo stretto e lavorate. Se avessi abitato più vicino avrei volentieri mandato i miei figli a studiare qui”. Poi, Antonella Iammarino ha sottolineato l’importanza dell’Educazione Civica, onere che spetta agli insegnanti e quella della Comunicazione Civica.  “Abbiamo stilato il Glossario Fragile, in collaborazione con Lega Coop” – ha proseguito Iammarino, nel passato presidente e fondatrice dell’UNICEF Molise – “perché, per esempio, non ci si avvicina alle fasce deboli con parole qualunque, ma con parole non offensive. Che significa rispettare gli altri e non ferirli. Noi giornalisti dobbiamo lavorare e vigilare sul linguaggio adottato nel mondo dell’informazione, per non diventare complici di comportamenti e gesti non rispettosi”.

Antonio Petruccelli, originario di Santa Croce di Magliano, presidente cofondatore e autore dell’Associazione Il Cosmopolitico ETS, un’associazione “no-profit” che favorisce la conoscenza della politica internazionale e della geopolitica di cui si interessa da undici anni, ha spiegato alla platea degli studenti convenuti, il significato di questa disciplina che mette in relazione la geografia fisica ed umana con l’azione politica. “La geopolitica ci parla delle guerre internazionali, così come dei 56 conflitti presenti, attualmente, in tutto il mondo” – ha spiegato Petruccelli – “ci parla di diritti civili, di regimi politici, di Paesi dominati dalle autocrazie, in cui  il potere è verticalizzato. E del nuovo ordine mondiale. Dei nuovi equilibri”. E ricorda come il Presidente della Cina, Xi Jinping, stia rivendicando un posto di potere nell’ordine mondiale, che non potrà più essere ad esclusiva guida americana e come l’obiettivo del Festival di Geopolitica sia la divulgazione ed analisi di tutti gli eventi di politica internazionale, attraverso le diverse chiavi di lettura storiche, economiche, filosofiche, per prendere coscienza di quello che sta accadendo nel mondo, per poter diventare persone più consapevoli, cittadini dell’Europa e soprattutto, cittadini del mondo, in grado di cogliere e rispettare le altre culture, religioni, tradizioni e visioni del mondo. 

L’attivista Shervin Arawi nasce a Roma da genitori iraniani. E ha scelto di non tornare in Iran per non essere arrestata. E’ avvocato e funzionario presso il Tribunale di Torre Annunziata, impegnata in un’intensa attività di advocacy attraverso gli organi informazione e nella partecipazione a convegni di sensibilizzazione, presso le Scuole Medie Superiori, su temi cruciali come la Parità di Genere e i Diritti Civili. Shervin Arawi vanta una personale conoscenza del Premio Nobel per la Pace 2023, Narges Mohammadi e la sua esperienza di attivista è stata, spesso, attenzionata dalle principali emittenti televisive italiane.

La storia dell’Iran, da lei raccontata, comincia con quella dei Persiani guidati da Ciro il Grande (Anshan, 590 a.C.- Iassarte, 530 a.C.), che costui seppe unire, mettendo insieme culture differenti e redigendo la prima Dichiarazione dei Diritti Umani, che rappresentò una conquista importante, dal momento che prevedeva l’abolizione della schiavitù, promuoveva la libertà di culto e dava la possibilità a coloro che erano stati esiliati, di tornare nella propria terra di origine. Quello persiano era un impero ben organizzato, che oltre ad essere guidato dall’imperatore, era diviso in Satrapie, ovvero province nelle quali veniva decentrata l’amministrazione della Giustizia (da cui il significato della definizione con cui il filosofo Hegel descrive i persiani come il primo popolo storico). Da allora in poi si succedettero varie dinastie, fino al Novecento. Una delle ultime dinastie fu quella dei Qajar che sarà detronizzata nel 1921 e deposta formalmente nel 1925, a seguito di un colpo di Stato guidato da  Reza Khan che fondò la dinastia Phalavi, divenendo il nuovo Scià dell’Iran. 

Reza Khan Pahlavi tentò di modernizzare la Persia che cambierà il proprio nome in Iran, a partire dal 1935, che deriva da “Terra degli Ariani”: anche se il popolo continuerà ad essere chiamato persiano, così come persisterà a lungo la lingua originaria, grazie alla cultura millenaria, ancora oggi custodita. Il processo di modernizzazione avverrà, soprattutto, fino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, nel settore dell’industria pesante con la costruzione delle infrastrutture, come, ad esempio, le ferrovie dello Stato, grazie all’aiuto di esperti non solo iraniani, ma anche tedeschi.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, gli alleati Britannici e Sovietici, consapevoli di questa sinergica sintonìa che intercorre tra l’Iran e la Germania, e consapevoli della posizione strategica dell’Iran, ne invadono i territori, nell’Agosto 1941, per costruire un corridoio utile a far passare le merci e i rifornimenti per i sovietici.  Reza Khan Pahlavi fu costretto ad abdicare in favore del figlio ventiduenne Mohammad Reza Pahlavi, perchè le potenze Alleate temevano la sua alleanza con la Germania nazista ed il nuovo Scià provò a proseguire il processo di modernizzazione in corso dell’Iran, anche attraverso l’imposizione di non far indossare l’Hijab (il caratteristico velo islamico per coprire i capelli) ed importanti riforme agricole. Durante la monarchia di Mohammad Reza Pahlavi, si contraddistinse anche la figura di un primo Ministro, Mohammad Mossadeq (destituito nel 1953), che voleva nazionalizzare il petrolio, di cui l’Iran è ancora oggi il terzo produttore mondiale.

La Rivoluzione Bianca, nel 1963, rappresentò un ambizioso processo di riforme promosso dallo Scià Reza Pahlavi, che dava la possibilità di accedere all’istruzione anche a chi abitava nelle zone di periferia e che prevedeva di togliere le terre ai grandi latifondisti, come quelli rappresentati dal clero, per redistribuirli ai contadini, che avevano difficoltà a trovare lavoro ma che non erano stati istruiti a gestire quegli appezzamenti di terra. Intanto, proseguiva il processo di modernizzazione dell’Iran attraverso lo sviluppo dell’industria pesante e il processo di urbanizzazione, in parallelo, dalle periferie verso le città. Ma cresceva il malcontento e l’ostilità del clero sciita. C’erano interessi da parte degli americani, con Kennedy che voleva incidere sui Paesi in via di Sviluppo. E si arrivò al 1975, nell’anno dello sbalzo del prezzo del petrolio, caratterizzato da una crisi del potere dello Scià, in cui cominciò ad emergere la figura a lui ostile, dell’Ayatollah Ruhollah Khomeyni, che si fece portavoce del sentimento di protesta dei latifondisti appartenenti al clero, e che, per questo motivo, verrà mandato in esilio a Baghdad, in Iraq.

Nel 1979, durante la Rivoluzione iraniana in cui si passò dalla monarchia ad una repubblica islamica sciita, originata dal malcontento dei decenni precedenti, l’Ayatollah Khomeyni riuscì a proseguire la propria propaganda, una volta tornato in Iran, grazie ai centri religiosi ( circa 2.000 moschee), alla profonda conoscenza del popolo iraniano ed alla sua  grande comunicativa, ingannando non solo gli iraniani, ma anche le grandi potenze internazionali, che, nel gennaio 1979, si incontreranno a Guadalupe, per confermare la deposizione del monarca Mohammad Reza Pahlavi e fornire il proprio appoggio a Khomeyni. Si passò, così, dalla monarchia alla repubblica teocratica, che poneva al centro la sovranità del popolo ed il potere nelle mani di Dio. L’Iran diventava, così, uno Stato prettamente religioso che si basava sulla Sharia, ovvero sul rispetto di testi religiosi come il Corano, sulla base dei princìpi che l’Ayatollah Khomeyni aveva già teorizzato nel suo libro “Lo Stato islamico”. La religione entrava, in questo modo, in tutte le dinamiche della quotidianità e fra i primi elementi sanciti, c’era la legge sull’obbligatorietà sulle modalità con cui avrebbero dovuto vestirsi gli iraniani: la legge del 7 marzo 1979, che sarebbe entrata in vigore nel 1980 e che suscitò, il giorno dopo, ondate di opposizione, promosse da migliaia di donne, che scesero nelle grandi piazze a protestare perchè ancora una volta esisteva l’obbligo su come vestirsi. Dal 1980  anche le bambine avrebbero dovuto indossare il velo nelle scuole, diverso dall’hijab delle donne adulte. “E c’è un film interessante dal titolo “Kafka a Teheran”, da cercare sulle piattaforme” – ha dichiarato l’attivista Shervin Arawi, che, nel corso dell’incontro ha sottolineato l’importanza dello strumento della visione cinematografica perchè gli studenti sviluppino il proprio senso critico -” in cui osserviamo la scena di una bambina di 9 anni, che vive un momento particolarmente triste, nel momento in cui  è costretta ad indossare il velo”. 

Fra il 1980 ed il 1988, scoppia la guerra fra Iran e Iraq. La politica estera cambia quella interna. Aumentano le repressioni ed  entrambi i Paesi ne escono stremati. Nel 1989, viene eletto Alì Khamenei, quale Guida Suprema dell’Iran, dopo esserne stato il Presidente. E costui avrà un potere immenso nella veste di Guida Suprema, che rappresentava la figura più importante, come se fosse l’autorità religiosa in terra, con potere decisionale su tutto. Accanto a questa c’era la figura del Presidente della Repubblica eletto dal popolo.E, quindi, Il Parlamento, che elabora le leggi ed è controllato dal Consiglio dei Guardiani, formato, a sua volta, da giuristi e rappresentanti religiosi, chiamati a controllare la conformità delle leggi con la legge islamica. E c’è, inoltre, l’Assemblea degli Esperti, che ha il compito di nominare la Guida Suprema che a sua volta nomina loro. Tra gli obiettivi di politica estera più recenti di Alì Hosseini Khamenei c’è stata la costruzione di una cintura di difesa a protezione del suo territorio, perseguita attraverso l’aiuto delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Pasdaran), dell’intelligence ed il finanziamento delle organizzazioni paramilitari islamiste come Hamas ed Hezbollah. 

Shervin Arawi ha ricordato, fra le etnìe presenti in Iran, quella dei Sunniti e quella degli Sciiti,  divise dal criterio adottato nella successione del Profeta Maometto (632 d.C.). Per i Sunniti, che rappresentano la maggioranza  (quasi il 90% dei fedeli presenti nel mondo), la discendenza doveva essere scelta dalla comunità e fu accettata la successione attraverso i primi tre califfi ( Abu Bakr, Umar e Uthman), mentre gli Sciiti ritenevano che la guida doveva appartenere al cugino del Profeta, Ali Ibn Abi Talib ed alla sua discendenza. I riti come la preghiera e il Ramadan sono in comune. Nel popolo persiano, che oggi vanta 82 milioni di cittadini di cui il 70% ha meno di trent’anni, ci sono altre etnie, come i Curdi, gli Azeri (25 milioni), i Turkmeni, i Beluci, gli Arabi, i nomadi Fars.

Fra il 2009 ed il 2010 ci fu la riconferma di Mahmud Ahmadinejad, nel corso di elezioni presidenziali che furono contestate a livello nazionale ed internazionale per la loro irregolarità, e proseguite, come moto di protesta, nelle piazze, contro il suo governo. In quel periodo, il regime iraniano riuscì a censurare perfino Internet e in quei giorni di scontri  e repressioni, furono uccise 1.500 persone. 

Il 14 Luglio 2015, quando Barack Obama fu presidente degli Stati Uniti d’America, ci fu l’Accordo sul nucleare, firmato tra l’Iran ed il gruppo del P5+ 1 ( Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito e Germania), che prevedeva restrizioni sull’uranio, monitorandole e imponendo che il programma nucleare iraniano fosse a scopi esclusivamente pacifici, in cambio della revoca delle sanzioni internazionali.

Nel maggio 2018, gli Stati Uniti guidati da Donald Trump si ritirano, unilateralmente dall’accordo, reimponendo le sanzioni nei confronti di tutti i Paesi ed aziende del mondo che intrattenevano rapporti commerciali con l’Iran,  annullando tutte le disposizioni previste dall’Accordo sul nucleare. Dal luglio 2019, l’Iran continuerà, gradualmente, ad arricchire l’uranio a livelli molto alti, ampliando, così, il proprio programma nucleare e dal 18 Ottobre 2025, scadenza naturale del precedente accordo sul nucleare iraniano, l’Iran non è più soggetto ad alcuna restrizione del proprio programma nucleare, fatta eccezione per il trattato di non proliferazione nucleare (TNP) di cui è Paese membro.

Nel 2022 avviene la rivoluzione iraniana dal punto di vista culturale, che segna una svolta epocale, nota anche come “Donna, vita, libertà”, scatenata dall’episodio dell’uccisione della giovane curda Mahsa Amini, ventiduenne, non attivista, aggredita ed arrestata il 13 Settembre 2022, dalla polizia morale iraniana durante una gita fuori porta vissuta in compagnìa dei genitori, per aver indossato in maniera impropria l’hijab. Mahsa Amini morirà il 16 Settembre 2022, dopo un coma di tre giorni, in seguito alle violenze subìte durante la detenzione, suscitando un’ondata di proteste, diffuse da Saqquez, la sua città natale, a tutto il Paese, attraverso la divulgazione dell’episodio compiuta da due attiviste, alle quali le autorità iraniane risponderanno con una repressione feroce fatta di arresti di massa, torture ed uccisioni di manifestanti. Quelle attiviste diventano il motore di un Movimento di piazza che si chiama “Donna, vita, libertà” che unisce uomini e donne giovanissime che lottano per la libertà, portando avanti la loro voce in maniera disarmata, fino a sacrificare la vita. Quel Movimento si espande e si mobilitano 80 Paesi nel mondo per dare risonanza internazionale, grazie all’eco prodotta dagli attivisti, dalla street art, dal volantinaggio, dai filmati sui Social, dalle canzoni di rapper come Toomaj Salehi, simbolo delle proteste in Iran,  più volte torturato e arrestato, che nel testo di una sua canzone, diffusa su youtube, scrive “Ci avete censurato, arrestato, torturato… ma noi siamo ancora vivi. Volevano il mio silenzio, ma neanche la morte potrà zittirmi”. Ed anche attraverso le descrizioni realistiche contenute in alcuni film come “Il seme del fico sacro” del regista Mohammad Rasoulof e un film del 2025 “Un Semplice incidente” del regista iraniano Jafar Panahi. 

E particolarmente prezioso si rivela il ruolo svolto dal Premio Nobel per la Pace, Narges Mohammadi, laureata in Fisica e Ingegneria, arrestata e condannata 5 volte dalle autorità iraniane dal maggio 2016, fino a 30 anni di reclusione e a 154 frustate, per aver fondato e gestito un movimento per i diritti umani che si batte per l’abolizione della pena di morte e per l’opposizione alle leggi della Repubblica Islamica. Narges Mohammadi si aggiudica il Premio Nobel quando è reclusa a Evin. Attualmente è in congedo sanitario. Da dieci anni non vede i suoi figli e ha scelto di rimanere in Iran, perchè crede ancora nella speranza di un Iran libero. L’attivista Shervin Arawi conclude la sua testimonianza leggendo, nel corso dell’incontro, i versi della poesia “Beni Adam” del poeta persiano Sa’di (XIII sec.): “Noi siamo esseri umani. Parti di un unico corpo. Fatti della stessa essenza. Se una di queste parti prova dolore, tutto il corpo soffre. E se tu ti mostri indifferente al dolore degli altri, allora non puoi essere considerato un uomo”.

Alla prima edizione di “Geopolitica nei borghi Festival 2025”,  svoltosi nell’Auditorium dell’Istituto “John Dewey”, interviene anche Monsignor Leo Boccardi, originario di San Martino in Pensilis, ricco di una notevole esperienza diplomatica trascorsa in passato, svolgendo il ruolo di Nunzio Apostolico, per 6 anni in Iran e successivamente, in Giappone. Il Mons. Leo Boccardi ricorda il rispetto che caratterizza le relazioni fra la religione musulmana e quella cristiana, dettato dalla necessaria conoscenza delle diverse culture, condizione necessaria per dialogare. ” In Iran non si può credere a quello che si vuole” – ha detto Monsignor Boccardi -”  c’è differenza tra la libertà religiosa e la libertà delle religioni. La libertà religiosa è un diritto umano fondamentale, presente nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, per cui ogni uomo, ogni persona può avere una religione, può cambiare una religione, può non avere nessuna religione e credere a tutto quello che vuole ed essere rispettato. La libertà di religione vuol dire, invece, che lo Stato deve rispettare soltanto quelle religioni che ci sono in quel Paese e permettere solo a quelle di esercitare il culto. In Iran c’è soltanto la libertà di religione. E, dunque, ci sono le chiese cattoliche, solo perchè in Iran ci sono degli iraniani ai quali, per motivi storici, come gli Armeni e i Caldei, è riconosciuto il diritto di vivere la propria religione cristiana, perchè sono iraniani. Il primo articolo della Costituzione iraniana”- prosegue il Mons. Boccardi – ” dice che la Repubblica Islamica dell’Iran riconosce soltanto, quattro religioni: l’Islam Sciita, l’Ebraismo, lo Zoroastriano e il Cristianesimo. Ringrazio gli attivisti, perchè grazie a loro possiamo sentirci responsabili e conoscere quello che succede nel mondo. Vorrei segnalare che ci sono anche altri conflitti, come ad esempio, in Darfur e nel Sudan dove sono stato ambasciatore per 7 anni, di cui nessuno parla. Quando si parla di pace bisogna sapere cosa denunciare, fare delle proposte concrete, prendere posizione, e lavorare per un medesimo scopo, perchè la pace si costruisce sia dal basso che dall’alto. E purtroppo coloro che stanno in alto non sempre ascoltano la voce di coloro che sono in basso”.

L’attivista Shervin Arawi conclude il convegno con una frase di Pier Paolo Pasolini, recentemente ricordato in occasione del cinquantesimo anniversario dalla morte, che dice: “Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine. O con i discorsi. Con gli scritti. O con i versi. La lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze. Nelle suture più delicate dei sentimenti”.

Torna in alto