Ne abbiamo parlato con Alessandro Izzi, Presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Campobasso

A Campobasso, in un periodo caratterizzato dalla riqualificazione e ristrutturazione di diversi istituti scolastici, nell’ambito dei lavori finanziati in parte con fondi PNRR, non sempre è emersa, in questi anni, la voce degli architetti, attraverso quella espressa dall’Ordine che li rappresenta, nell’ambito provinciale, attraverso quella modalità concertativa di competenze e di pareri professionali necessari a condividere una strategia condivisa di sviluppo urbanistico, che rappresenti il frutto di una visione complessiva della città e del territorio. Una “voce” professionalmente importante, quella dell’Ordine degli Architetti della provincia di Campobasso, che rappresenta un valore aggiunto per la bellezza e lo sviluppo urbanistico del territorio, probabilmente, sottovalutata, nel corso di alcune scelte e decisioni che hanno riguardato le trasformazioni edilizie e pubbliche, più recenti, della città.
Abbiamo incontrato l’architetto Alessandro Izzi, cofondatore con l’architetto Jacopo Di Cristofaro, dello Studio di Architettura e Ingegneria “Opera Project” di Campobasso, impegnato nei settori dell’architettura, business planning, sviluppo di complesse opere pubbliche, edilizia, architettura green, design e progettazione ospedaliera, riconfermato, nel maggio scorso, alla guida dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Campobasso, composto, attualmente, da quasi 700 iscritti: “Mancano un’idea e una visione complessiva della città e del territorio, in tema di pianificazione urbanistica, che siano, in primis, condivise con i cittadini – ci ha detto l’architetto Alessandro Izzi – ed occorrerebbe capire in che direzione si vuole andare. Da almeno 6/8 anni stiamo sollecitando la possibilità di essere considerati all’interno di quel sistema di ragionamenti e decisioni che possano sottendere le nostre idee, quelle che, grazie alla nostra professione, portiamo avanti e che potrebbe consentire a noi architetti di dare un valore aggiunto allo sviluppo del sistema urbano della città e del territorio” – ci ha detto l’architetto Alessandro Izzi (classe 1976), project Manager dal 2007, con diploma Master Internazionale di II livello in Construction Project Management, conseguito presso l’Università degli Studi di Firenze e l’Universitat Politècnica de Catalunya, Barcellona Tech.
Ad Alessandro Izzi abbiamo chiesto di descriverci l’evoluzione del ruolo professionale dell’Architetto.
“Al di là dei meri aspetti tecnici, oggi, l’architetto svolge una funzione molto sociale. La sua non è più una funzione, soltanto, tecnica. Le sue opere hanno ricadute importanti in termini di socialità. Riqualificare degli spazi urbani che viviamo quotidianamente, significa, soprattutto, contribuire al benessere ed alla migliore qualità della vita della collettività. L’architetto è chiamato ad antropizzare ed umanizzare gli spazi di vita sociale e comune e, singolarmente, non riesce più a soddisfare tutte le tematiche poste dalla committenza, perché la società pone, continuamente, nuove istanze e fabbisogni che richiedono approfondimenti e competenze multiprofessionali. Diventa, dunque, fondamentale la capacità dell’architetto di lavorare in team, coinvolgendo professionisti con diverse sfaccettature, per poter dare risposte reali e concrete alle esigenze della committenza pubblica e privata”.
Qual è la finalità dell’Architettura?
“La finalità dell’Architettura è quella di rendere belli, funzionali, umani, gli spazi di vita quotidiana, sia pubblici che privati. E che sono, spesso, spazi di lavoro, come le fabbriche e gli uffici, che necessitano di particolare attenzione, sia per chi ci lavora all’interno, che per gli ulteriori utenti come i clienti. E poi ci sono le scuole, gli ospedali, gli asili: tutti spazi che hanno bisogno di essere vissuti all’insegna del rispetto dei canoni del benessere e della bellezza”.
Cosa è la bellezza per Alessandro Izzi?
“La bellezza è qualcosa che ci rappresenta. Un’identità. Uno stile chiamato a darci la sensazione del benessere. A farci stare bene con le persone. A renderci felici, durante la vita ed il tempo trascorsi in quegli ambienti in cui si concentra l’attenzione del progettista. La bellezza deve dare risultati ottimali nell’utilizzo degli spazi. Fedor Dostoevskij diceva che “la bellezza salverà il mondo” e penso che a quella bellezza contribuiscano ulteriori paradigmi, come il migliore utilizzo, la migliore fruibilità degli spazi e dell’architettura e la migliore qualità dell’edilizia architettonica”.
Quanto hanno inciso i PNRR e quanto è stata indovinata la scelta dei relativi progetti, ai fini della rigenerazione urbana dell’entroterra molisano?
“Il PNRR è una misura straordinaria per la rigenerazione urbana che ha generato la possibilità di pianificare e programmare gli investimenti a più ampio spettro, in tutte le missioni (da quella della digitalizzazione, per esempio, fino ai problemi dettati dall’ambito sanitario), passando per i paradigmi che caratterizzano ogni singola missione di questo piano nazionale di ripresa e resilienza: un’opportunità gigantesca di crescita e di innovazione per le amministrazioni pubbliche e per qualche privato. L’efficacia degli investimenti messi in atto sono dipesi dalla qualità della programmazione. Se questa è adeguata rispetto alle tematiche, aiuta. In altri casi, la mancata programmazione genera singoli episodi di investimento, non messi a sistema, che creano opere che lasciano il tempo che trovano. E’ lodevole il fatto che l’Italia sia stata una delle nazioni maggiormente finanziate, nell’ambito del panorama europeo. Ma gli interventi sono ancora in fase realizzazione, c’è in atto una corsa nel costruire quanto prima le opere finanziate e, soltanto, dopo il prossimo giugno 2026, data entro la quale occorrerà rendicontare i singoli investimenti, potremo valutarne la reale ricaduta e i benefici per il territorio”.
Una riflessione di Alessandro Izzi sui ritardi infrastrutturali del Molise.
“L”isolamento del Molise dovuto al gap infrastrutturale è, sicuramente, penalizzante per le imprese, i professionisti, gli abitanti. Ricordo come la realizzazione dell’autostrada Termoli San Vittore, parve un progetto possibile, quando rientrai da Firenze, appena laureato, nel 2008, quando Antonio Di Pietro fu Ministro delle Infrastrutture, nel secondo Governo Prodi, nonostante rappresentasse un investimento, eccessivamente, oneroso per noi cittadini. Adesso stanno aggiornando la rete ferrata delle Ferrovie dello Stato. I lavori sono in corso e, nel giro di 2 anni, dovremmo avere un’infrastruttura ferroviaria molto più efficiente, per poterci collegare, in maniera più veloce, con Roma e Napoli, nonché con le regioni più vicine. Una rete strutturale strategica per attrarre turismo ed una leva necessaria per portare ricchezza e lavoro in Molise”.
Quanto sono utili le riqualificazioni urbane a Campobasso e nei centri molisani, per poter rivitalizzare il commercio, accedere alla cultura, combattere la delinquenza?
“La riqualificazione urbana rappresenta un apporto di bellezza, di socialità, di ricchezza delle attività produttive, commerciali, professionali, che contribuiscono alla ricchezza della città. Vale per Campobasso come per Termoli, Isernia, Venafro, Larino, Bojano. Una misura utile anche ai centri più piccoli, ai paesi caratterizzati dalla necessità di valorizzare le proprie tradizioni storiche, culturali e i buoni prodotti locali. La bellezza determinata dalle riqualificazioni urbane rappresenta una svolta che corrisponde al piacere di vivere. La socialità e la fruibilità di un luogo ne risentono in maniera positiva. La riqualificazione urbana contribuisce alla rigenerazione urbana e al vantaggio competitivo di questi luoghi. Per quanto riguarda l’accesso alla cultura, l’impossibilità, a Campobasso, di poter usufruire della storica Biblioteca “P. Albino” rappresenta l’esempio più eclatante. C’è necessità che riapra per rispondere ai fabbisogni e alla volontà dei cittadini di riappropriarsi dei loro punti di riferimento culturali. Un altro tema connesso è lo spopolamento dei nostri centri. Lo spopolamento comporta che ci siano sempre meno opportunità di scambio e di relazioni all’interno dei centri urbani. La rigenerazione diventa necessaria per ripristinare un’idea di socialità e di sviluppo economico, integrando l’esempio di quei quartieri che rappresentano insediamenti e modelli urbanistici del passato, di grande cultura architettonica, come ad esempio, il Quartiere Cep di Campobasso, progettato dall’ingegnere Enrico Mandolesi”.
Va rispettata la storicità di un contesto urbano anche quando si studia l’arredo di un esercizio commerciale e come è possibile valorizzare il racconto e le comunicazione dei personaggi storici, orientando meglio la visita dei turisti nei centri storici?
“L’interesse per la storia e per il patrimonio culturale presenti nel nostro Paese impongono un’attenzione particolare per i centri storici. Andrebbe fatta un’analisi approfondita delle necessità e dei fabbisogni dei centri storici che hanno la necessità di essere fruiti, nel modo migliore possibile, in tutte le stagioni, specialmente, in centri come i nostri caratterizzati dai climi rigidi, da novembre a marzo, come a Campobasso, dove sarebbe necessario promuovere un regolamento che uniformi la visione del centro storico di Campobasso, perché non venga snaturata, attraverso la collaborazione degli operatori locali con le Associazioni del luogo, impegnate nella promozione di attività e manifestazioni. E creare un orientamento per i visitatori, attraverso un wayfinding fatto di indicazioni chiare che possano guidare la visita nei luoghi dei centri storici che necessitano di essere visti e che interessano la curiosità dei visitatori, agevolando, quanto più possibile, sia chi fruisce del centro storico che chi ci vuole lavorare, per mantenere la vitalità dell’ecosistema urbano”.
Le misure dei bonus edilizi si sono rivelate utili a stimolare l’economìa del luogo?
“Il bonus è stata una misura corretta, in termini di principio, ma necessitava una gestione molto più controllata e certa, perché, sia i professionisti che le imprese coinvolte e l’utente finale, hanno dovuto viaggiare a vista, nell’incertezza e labilità di norme e regolamenti”.
Alla definizione di una visione urbanistica complessiva che sia il frutto di una giusta programmazione degli interventi utili a rendere belli, fruibili, vivibili, a dimensione d’uomo, gli spazi urbani pubblici di Campobasso e della provincia, manca ancora il tassello di uno stile concertativo che rappresenti un puntuale, costante e costruttivo confronto tra gli Ordini professionali preposti, le Amministrazioni e i cittadini “Ma nei centri piccoli come i nostri – ha concluso l’architetto Izzi – con le dovute attenzioni, programmazioni, concertazioni e il coinvolgimento di tutte le parti interessate, si dovrebbe arrivare, facilmente, a un disegno e ad una visione concreta, fattiva, di bellezza e funzionalità dei nostri centri. Noi architetti siamo pronti ad essere parte integrante di una nuova visione”.
Davide Marroni







