L’antropologa Letizia Bindi, docente ordinario di Antropologia culturale a Unimol e direttore del Centro di Ricerca Biocult: “C’è la possibilità di riabitare questa regione”

“C’è la possibilità di riabitare il Molise, senza rinunciare alle esigenze della modernizzazione come la digitalizzazione e la fibra ma, valorizzando quello che c’è. Le attività locali. E la possibilità di trattenere sia i giovani che vi risiedono sia attraendo quegli esempi di storie di lavoro di giovani molisani all’estero, con forte specializzazione, che scelgono di tornare nelle aree interne di origine, ad impiantare le proprie imprese agricole e pastorali, perché attratti dai tempi e dai modi di stili di vita più alla portata, nel momento in cui scelgono di avere dei figli e di costruire una famiglia” – sostiene l’antropologa Letizia Bindi, pensando ai nuovi orizzonti delineati dal sentimento della “restanza”, presente nelle aree dell’Appennino, di cui parla Vito Teti. “C’è un mondo giovanile che ha abbandonato il mito della grande carriera e delle grandi ricchezze per riappropriarsi di stili di vita a misura d’uomo. E che sta diventando il leit motiv di giovani, residenti nelle aree interne, che scelgono lavori creativi, di promozione culturale, di artigianato di recupero, come quello suggerito dalla lavorazione delle lane e delle tessiture, che una volta rappresentava il perno fondamentale dell’economia dei tratturi”.
Per Letizia Bindi, il tema del lavoro giovanile in Molise è influenzato da alcune priorità che andrebbero risolte, come quelle dettate dalla necessità di migliorare le tratte ferroviarie che collegano Campobasso a Roma e a Termoli. Modernizzando le tratte ferroviarie interne tradizionali che dovrebbero servire a rilanciare l’economia dell’entroterra molisano, nel quale, per un periodo, si è pensato che il traffico su gomma fosse sufficiente. “Se si investe in innovazione, sicuramente, possono armonizzarsi l’esigenza di sviluppo industriale, intesa in senso sostenibile con l’esigenza di conservazione del paesaggio, in una regione caratterizzata da una spiccata vocazione agricola e che potrebbe rappresentare un laboratorio sperimentale importante per le produzioni agroalimentari”, ha dichiarato Letizia Bindi, docente ordinario di Antropologia Culturale e Presidente del Corso di Laurea dell’Università degli Studi del Molise, in Lettere e Beni Culturali.
Letizia Bindi, constatata la felice esperienza del processo virtuoso che ha portato alcuni Comuni, come Castel Del Giudice (Is) e Montalto delle Marche, citati dal quotidiano “Il Sole 24 Ore”, a rappresentare esempi di borghi pilota, protagonisti di una virtuosa rigenerazione territoriale, decanta l’importanza del patto fra le politiche pubbliche e le competenze della Ricerca, perché i Comuni che registrano l’innovazione sono quelli caratterizzati dall’imprenditoria affettiva, così denominata da Lino Nicola Gentile, Sindaco di Castel Del Giudice e dove maggiore è la sinergia fra Università, privati e istituzioni. “Anche in funzione dell’offerta turistica – ha proseguito Letizia Bindi – che oggi andrebbe targettizzata, essendo cambiato lo scenario del panorama turistico, e che, nel Molise, dovrebbe poter garantire sia la scelta di vacanze per persone disposte a pagare molto per trasporti in luoghi molto esclusivi, sia quella più economica, caratterizzata dai “cammini” con approfondimento culturale, in grado di destagionalizzare l’offerta turistica”.
Quest’anno, sarà il 20mo anniversario del felice feeling professionale della professoressa Letizia Bindi con il Molise, vissuto a partire da quando, il 5 Settembre 2005, approdò a Campobasso, prendendo servizio all’Università degli Studi del Molise, dopo un colloquio intercorso a Roma, con il Rettore dell’Unimol dell’epoca, Giovanni Cannata e da quel giorno, in particolare, in cui, passeggiando nel Centro Storico del capoluogo molisano, fu folgorata dal fascino storico della Chiesa di San Leonardo, che ispirò le sue prime ricerche sui “Misteri” del Corpus Domini di Campobasso.
“L’Antropologia ti consente di entrare dalla porta principale di una comunità. Ed occupandoti della festa della città, oggi mi capita di salutare più gente a Campobasso che a casa mia – ha detto la professoressa Bindi nel corso del nostro incontro, svoltosi nell’Università degli Studi del Molise. “Come diceva Malinowski, tra i padri fondatori dell’antropologia culturale moderna “Piazza la tenda al centro del villaggio”. Ed io ho scelto di approfondire, professionalmente, alcuni grandi cerimoniali come i “Misteri” del Corpus Domini, per entrare nelle pieghe della storia della città: scelta che mi ha consentito, nel tempo, di leggere ed interpretare, a tutti i livelli, i comportamenti della comunità, della politica locale, delle antiche Confraternite, delle famiglie, scoprendo motivazioni anche alle frizioni del presente. Provengo dalla provincia marginale e periferica della Maremma e da quella comunità ho ereditato la stessa, tenace, determinazione, che in qualche modo mi ha consentito di avvicinarmi, rapidamente, al Molise – ha proseguito l’antropologa Letizia Bindi – per introdurmi alla conoscenza delle comunità dell’Italia centromeridionale”.
Nel 2009 la Fondazione Tanturri, di Scanno, premiò una delle sue prime pubblicazioni: “Volatili Misteri”, con una “presentosa”, ovvero un gioiello tradizionale femminile originario del Molise e dell’Abruzzo, conferito dallo stesso maestro dei suoi primi studi, l’antropologo e politico calabrese Luigi Maria Lombardi Satriani. Un altro importante riconoscimento, per l’Antropologia Visiva arrivò, nel 2022, da Verbania: intitolato ad un antico folklorista piemontese, Costantino Nigra, che premiò, nell’ambito di un progetto internazionale, un video documentario “Rutas Patagonappenninicas”, che approfondiva il tema delle transumanze, fra gli Appennini, e che riscosse la nomina a bene di interesse culturale del Ministero della Cultura della Patagonia (un progetto chiamato Trap, finanziato dal Consorzio italo-argentino). Nel gennaio di quest’anno, invece, Letizia Bindi viene nominata componente dell’Accademia dei Georgofili, fondata a Firenze nel 1753: la più antica istituzione al mondo dedicata all’agricoltura, all’ambiente ed agli alimenti.
Letizia Bindi si laureò con 110/110 e lode in Lettere nel 1992 all’Università “La Sapienza” di Roma. Nell’ultimo anno universitario, l’esperienza vissuta a Marsiglia e a Parigi, grazie al primo programma ERASMUS le cambierà la vita (dopo i corsi già maturati in Francia, durante l’Università, alla Sorbonne, d’estate). In Francia arrivò l’entrata nel dottorato francese, dove Letizia Bindi fu ammessa con lo sconto di un anno, grazie all’ottimo livello di laurea italiano già perseguito. Rientrando dalla Francia, fu, quindi, ammessa al dottorato in Italia, prima a “La Sapienza” di Roma e, quindi, a Palermo. Gli stessi professori, mentori e tutor conosciuti in Francia, Marcel Detienne e Giulia Sissa, furono chiamati a dirigere il Dipartimento americano “Antiquites and Social Sciences” della “John Hopkins” di Baltimora (in Maryland), dove coinvolsero Letizia Bindi, per 8 mesi, insieme ad altri colleghi del Master già condiviso a Parigi. Dopo alcune docenze a contratto, Letizia Bindi insegnerà, quindi, a Napoli, Etnologia, all’Università Suor Orsola Benincasa, presentata da Luigi Maria Lombardi Satriani, docente di Antropologia Giuridica, per maturare la stessa esperienza, qualche anno più tardi, a Trieste.
Non ebbe felice esito la candidatura dei “Misteri” del Corpus Domini al riconoscimento come “Patrimonio orale ed immateriale dell’Umanità Unesco”, proposta, nel 2013, grazie a un dossier tecnico della professoressa Letizia Bindi, dopo la nascita di una rete delle grandi “macchine a spalla italiane” che videro i “Misteri” di Campobasso candidati al Patrimonio Unesco, insieme alla “Macchina di Santa Rosa” di Viterbo, alla “Varia” di Palmi, alla Faradda di “li Candareri di Sassari” (qualche anno dopo fu inclusa anche la candidatura dei “Ceri di Gubbio”). “Quando si arrivò all’incontro sulle feste e tradizioni popolari, l’Agenzia preposta alla selezione delle candidature, ritenne che fossero più pronti e rispondenti i materiali forniti dagli altri Comuni e Associazioni. Doveva essere dimostrata una maggiore partecipazione da parte della comunità e dalla presenza di maggiori interazioni con le scuole – ci ha raccontato Letizia Bindi – ma, ancora oggi, sarebbe possibile proporre un’integrazione, per riprovarci, come ho accennato alla Sindaca Forte”.
Ci sono anche altre feste tradizionali molisane che, negli ultimi anni, hanno manifestato una crescita significativa e che sarebbe possibile mettere in rete, nell’ambito di un progetto internazionale come, ad esempio, la Festa di San Pardo a Larino, particolarmente cresciuta nel livello di spettacolarità, negli ultimi anni, “e che è molto simile – ha detto l’antropologa nel corso della nostra intervista – ad una festa, “Romeria del Rocio” presente in Andalusia, in Spagna, altrettanto partecipata e ricca: caratterizzata da un bagno di folla pazzesca, con carri trainati da buoi, che percorrono 80 km, nel cosiddetto “passo delle fratellanze”, all’interno della riserva della Donana, nella provincia della Huelva. Ma guardiamo con interesse anche alle Carresi del basso Molise, per le quali, in un caso, con la collega antropologa Katia Ballacchino, fummo chiamate ad occuparci di perizie, nell’ambito di un processo giudiziario, per dimostrare come, in quei luoghi, fosse particolarmente attenta la cura degli animali”.
Tra gli altri progetti, più recenti, curati da Letizia Bindi, e del Centro di Ricerca Biocult, nato nel 2015 e da lei cofondato e diretto, c’è, in una fase avanzata, la proposta di candidatura dei fuochi cerimoniali come “patrimonio immateriale” dell’Unesco che valorizza le feste affiancandole con la consapevolezza di saper maneggiare il fuoco e di saperlo controllare in chiave ecologica (ricordiamo anche il progetto che prevederebbe la nascita di un Ecomuseo dei Fuochi, unico al mondo, nell’ambito del progetto “Mangiafuoco”, promosso dall’Osservatorio molisano per la Legalità). E c’è un progetto legato alla riqualificazione dei tratturi (Cis Tratturi), per il quale, grazie ai fondi di Invitalia, sono stati banditi, esclusivamente, 8 assegni di ricerca per le competenze multidisciplinari (da Scienze Umane, Sociali e Formazione, a Economia, Giurisprudenza, Agraria, Medicina, Biologia) richieste dal progetto in corso, che copre 59 Comuni molisani. Ci sono, quindi, progetti come un Erasmus, intitolato con un acronimo “EARTH”, di cui l’Unimol è capofila, in collaborazione con università spagnole ed argentine. Ci sono commesse promosse dalla Regione Molise all’interno di progetti Interreg. (Europa, Adriatico); progetti di Ricerca per i singoli Comuni, come Gambatesa, Agnone, Larino e progetti che provengono da fondi di Ricerca dedicati al tema della transumanza, in collaborazione con l’Università della Patagonia (Trap). Tra i progetti più interessanti, c’è anche quello supportato dal cammino delle sette chiese, che prevede l’infrastrutturazione turistica e i percorsi dell’area di minoranza Croata. Il progetto 3 C, promosso con l’Albania ed il Montenegro, che prevede una piattaforma per lo scambio tra le aziende dei diversi Paesi. E quello che porterà al Registro delle Eredità immateriali del Molise, riconosciuto dall’Istituto Centrale del Patrimonio Immateriale, che creerà il primo archivio con l’elenco di tutte le manifestazioni tradizionali, i Musei, i saperi e le pratiche del Molise: uno strumento base per la schedatura e candidatura dei fuochi cerimoniali.
“C’è inoltre un bando a cascata del PNRR sul tema delle transumanze, che si chiama “Trame”, con quattro aree “target”, in cui si sta lavorando, in collaborazione con alcune aziende, per promuovere un percorso di Ecomuseo che porti dal Molise alla Puglia, fatto in collaborazione con l’Università di Foggia e con Archeologica (un’azienda che si occupa di contenuti digitali) e ci sono i progetti sulle Energy Commons, quelli PRIN che si chiuderanno nel febbraio 2026. ” E c’è il progetto WilDebate – ha proseguito la professoressa Letizia Bindi – che ci aiuterà a ricostruire il dibattito sulla convivenza, sull’Appennino, fra il pastoralismo e la predazione selvatica”.
Ricordiamo, inoltre, il contributo dato dalla professoressa Bindi alla stesura del dossier, che agli inizi del 2024, servì ad implementare il progetto di candidatura di Agnone a Capitale italiana della Cultura 2026, con lo slogan “Fuoco, dentro e margine al centro” (in cui ci sono: la colonna del fuoco come elemento iconico caratterizzante, la colonna di Agnone intesa come città nobile delle aree interne ed il margine al centro ispirato dall’antropologo Alberto Maria Cirese).
Un impegno particolarmente intenso quello del docente ordinario di Antropologia Culturale dell’Unimol, Letizia Bindi, che ricorda l’importante apertura alla collaborazione dell’Università degli Studi del Molise con le istituzioni locali (durante il periodo in cui è stato in carica il Rettore Luca Brunese e quello attuale con il Rettore Giuseppe Peter Vanoli, il rapporto universitario con il territorio si è, notevolmente, rafforzato) e gli importanti appeal dell’Università dovuti all’elevata qualità del corpo docente attuale e al più diretto rapporto fra docente e discente che, a differenza di altre università, consente un insegnamento molto “tailored” e che potrebbero servire a rimuovere quel gap attuale, ancora in parte presente e costituito dall’assenza di fiducia di parte della popolazione molisana nei confronti dell’Università degli Studi del Molise.
Davide Marroni


